Di tutti i cactus realizzati fino ad ora solo il primo sta tra le cianfrusaglie su un mobile all’ingresso. Tutti gli altri hanno trovato una degna casa: coccolati sui davanzali insieme ai fratelli con linfa e spine. E allora dov’è il mio giardino zen?
Mi ritrovo nel giardino immaginario quando il tavolo, lungo due metri e venticinque centimetri, è ricoperto di stoffe, panno, gomitoli e pietruzze. Sto nel mio angolo, su una sedia da cucina, con le gambe accavallate, una pinzetta tra le mani e incollo, una ad una, le pietre grigie sulla base delle piantine.

I cactus all’uncinetto sono in cotone, i vasetti in plastica… più che vasi sono bicchierini… bicchierini da finger food. Ma davvero c’è qualcuno che ha il coraggio di chiamarli usa e getta? Sono deficiente io che scrivo il nome sul bicchiere di carta o questi coraggiosi che buttano bustoni di plastica sporca non riciclabile?
Ohm… forse un numero eccessivo di ore a sistemare pietruzze vanificano l’effetto iniziale ;)